Cosa cambierà davvero con il Next Generation EU? di Salvatore Coluccia

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A giorni sarà pubblicato il testo del Governo e del Parlamento da consegnare alla Commissione Europea. Le prime due versioni di dicembre e di gennaio scorso erano molto insoddisfacenti, questa nuova si annuncia più meditata.

 

I punti cruciali del Next Generation

A questo piano e ai suoi sviluppi (PNRRRecovery Fund, ecc.) si affidano tutte le speranze e le promesse perché si esca dalla pandemia non solo più forti ma anche diversi. C’è consenso sul fatto che non ci vogliamo ritrovare con la stessa Scuola e la stessa Università di oggi (escludono troppi bambini e troppi giovani), con la stessa Sanità (poco territoriale, poco domiciliare, i nostri anziani sono in strutture non adeguate e non controllate), con le stesse Infrastrutture stradali e ferroviarie inadeguate e pericolose, con le stesse Infrastrutture e tipologie di produzione e utilizzo dell’Energia, la stessa rete di distribuzione di acqua potabile che va in buona parte dispersa, con lo stesso territorio, abbandonato e sempre più fragile, con lo stesso utilizzo dei materiali e dei rifiuti, con lo stesso patrimonio pubblico e privato insicuro ed energivoro, con la stessa debole connettività digitale. Perdonate l’elenco minuzioso, ma in realtà sarebbe molto più lungo.
Il Next Generation può persino apparire insufficiente, e lo è, ma comunque è un fondo enorme, tanto grande che molti sostengono che per la sua gestione in Italia si siano determinate crisi di governo e sconvolgimenti politici epocali.

 

Un futuro diverso? E per quanto tempo?

Tuttavia, la sua missione è limitata: deve costruire le condizioni materiali e strutturali perché il futuro, dopo l’anno 2027, possa essere diverso. Può anche consentire che si anticipi l’espansione degli organici in vari settori per coprire le carenze oggi tanto gravi da impedire, persino, l’avvio di una Sanità, un’Assistenza, una Scuola e Università, una Pubblica Amministrazione, una Giustizia non solo più “grosse” e più ricche, ma anche, e soprattutto, diverse.
Su tutto questo c’è generale consenso e, sono sincero, sono ottimista che avverrà, o, almeno, che possa avvenire. Tuttavia, ciò potrà garantire la transizione a un futuro migliore, non potrà certo stabilizzare un tale futuro.
Questa seconda fase potrà essere garantita solo dai bilanci ordinari dello Stato, e quindi dalle scelte politiche che si faranno. La struttura del bilancio dovrà essere profondamente diversa, con rilevanti spostamenti verso le voci di spesa che ho già elencato. Ciascuna di quelle voci garantisce non solo una società più equa e sostenibile (e questa evocazione può apparire quasi mistica!) ma anche più efficiente e meno onnivora verso l’ambiente, più parca ma non necessariamente più scomoda. Bisognerebbe esaminarle una per una.

 

Da dove prendere le risorse?

Questo è quello che devono elaborare e proporre i Partiti politici che oggi appaiono tutti rinnovabili e, alcuni, già quasi rinnovati, in stretto contatto con la “società civile” così riccamente articolata in associazioni sindacali degli imprenditori e dei lavoratori, organizzazioni e circoli nei più diversi settori.
Penso sarà inevitabile oltre che auspicabile ripensare la distribuzione delle risorse, e quindi occuparsi delle diseguaglianze*, ma sarà altrettanto decisivo vigilare sulla qualità della spesa pubblica e privata.
Mi limito solo a un esempio: se la costruzione e la manutenzione delle Autostrade e delle Ferrovie italiane sono immancabilmente molto più care rispetto agli altri Paesi, sarà bene capire perché – e si sa! – e subito rivedere, per l’immediato futuro, i meccanismi di aggiudicazione e di controllo. Spesso si dice: è vero, ma in Italia ci sono molte più montagne e colline, e quindi più gallerie, viadotti e ponti. Ma allora perché la metropolitana di Milano è costata 3-4 volte più delle coeve costruite in Svizzera e Germania? Eppure sono tutte sotto terra!
Possiamo legittimamente pensare che ci siano state significative “distorsioni”. Evitarle per il futuro significherebbe ritrovare molte più risorse, e in definitiva il Next Generation EU varrebbe molto di più dei nominali 200 miliardi annunciati

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