Cento anni fa veniva fondato quello che sarebbe diventato il più grande Partito Comunista dell’Europa occidentale.
Per chi ha avuto l’onore di essere iscritto al PCI, quindi, questo non è un giorno qualunque.
La mente torna inevitabilmente a quella militanza, a quel essere Compagni e Compagne, a quella idealità ed identità che ti faceva sentire, a prescindere dal ruolo che avevi nel Partito, parte integrante, viva, attiva, di un progetto, di un percorso diremmo oggi, verso una società, un mondo diverso, più giusto, più democratico, più umano, “verso il sol dell’avvenir”.
Non ho né la pretesa né le capacità di fare una lettura “storica” del PCI: sono certo che durante questo anno, nelle molteplici iniziative già programmate (e nonostante il “silenzio assordante” dei grandi mezzi di informazione a dimostrazione, semmai ve ne fosse ancora il bisogno, da che parte stanno), nelle pubblicazioni, nei convegni, insomma in tutte le modalità possibili, vi sarà la capacità di dare il giusto peso, appunto storico, al PCI ed all’indiscutibile ruolo che esso ha avuto per la Repubblica Italiana e non solo.
Durante il fascismo, la guerra di Liberazione, le lotte operaie e contadine, il terrorismo, donne e uomini Comunisti hanno dato la vita, gli affetti personali e famigliari, la rinuncia ad una agiata vita lavorativa ed economica, tutto affinché prevalesse la libertà, la giustizia, l’uguaglianza. Oggi, per chi non ha vissuto quei tempi, quel modo di fare politica, di essere un Partito, è molto difficile da capire tutto ciò.
Spero che l’impegno che metteremo in questi mesi per ricordare, sopratutto da parte di chi ha avuto il privilegio di avere in tasca la tessera del PCI , ciò che quel Partito è stato, possa almeno servire per far comprendere, a chi non era nato quando il PCI ha terminato di esistere, che è importante continuare a credere, ad impegnarsi, a lottare per una Società, per un Paese, per un Mondo diverso.
Dario Omenetto