Partito e Governo

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E’ molto positivo che il dibattito sul partito stia crescendo  sia negli organi territoriali (vedi la nostra segreteria regionale) che nazionali (direzione e contributi di singoli compagni dirigenti e non). Sullo sfondo, la scelta convinta di democrazia parlamentare rappresentativa con sistema di voto proporzionale con una soglia di ingresso adeguata (5%, 3%….).

Conseguentemente si consolida la scelta per un partito strutturato, nel quale le opinioni di ogni compagno contino, espresse nelle sedi previste. Deve essere un partito che non solo raccoglie gli umori e le idee dei cittadini, ma sappia a questi proporre sintesi e percorsi efficaci. Non un partito di “capi”, ma un partito che sappia proporre agli elettori leader e figure di riferimento che abbiano maturato la loro passione e la loro riconoscibilità anche attraverso esperienze concrete di lavoro politico e, poi, in organismi rappresentativi. Non dirigenti che sorprendano per le loro rapide e clamorose salite e ancora più rapide e rovinose (per tutti) discese, ma compagni che abbiano invece una solida volontà di rappresentare istanze che si esplicitano e maturano, anche grazie alla loro azione, nel partito e nei rapporti con altre organizzazioni sociali presenti nei territori (sindacati, altri partiti, associazioni, volontariato).

Per essere ancora più chiari, un partito che, democratico al suo interno, abbia il coraggio di dichiarare esplicitamente le proprie eventuali correnti, virtuosa alternativa alle “tribù” che si materializzano intorno a “capi”, i quali necessariamente diventano “i padroni” delle organizzazioni. Queste ultime sono esperienze che abbiamo già vissuto negli ultimi decenni, tradotte anche in  meccanismi elettorali per i quali non era importante rappresentare bensì appartenere. Come risultato, i partiti si sono svuotati.

Un partito deve, ovviamente, ambire a governare, e nel governo cercare e promuovere le mediazioni necessarie in un sistema parlamentare proporzionale.

Ma un partito, per diventare significativo nel Paese,  deve avere visioni sue, un impianto di idee (se non vogliamo chiamarlo “ideologia”, parola rifiutata per le incrostazioni di schematismo e rigidità ad essa ormai indissolubilmente associate) che sappia attrarre l’attenzione e  la fiducia di coloro che vogliono essere rappresentati per realizzare i loro bisogni, le aspirazioni, il loro futuro.

Ciascuno dei temi oggi presenti, aggravati dalla pandemia, richiede una elaborazione di partito. Vanno trattati uno per uno, ma voglio citarne uno solo, come esempio: il lavoro.

Il Governo sta intervenendo con enormi risorse a sostegno delle persone  e delle imprese. Di fatto, il ruolo dello Stato è riconosciuto vitale. Quale può essere un disegno perché tutti  questi interventi possano favorire, per esempio, il superamento delle infinite forme di provvisorietà, precarietà, paghe  irrisorie?

Il Governo deve governare l’emergenza, magari con un occhio al domani. Ma quale domani? Il domani deve essere proposto dai partiti, ciascuno con il suo bagaglio di idee e le sue priorità. Il governo deve  necessariamente mediare, ma deve esserci qualcosa tra cui mediare.

Sono queste impazienze volontaristiche?

No, è il dibattito presente oggi in movimenti e partiti democratici e socialisti in tutto il mondo, e anche fra economisti di scuole diverse.

In verità è scontro molto vivace, tra la riproposizione di quello che siamo stati negli ultimi decenni e le proposte di quello che potremmo diventare.

Salvatore Coluccia      2.11.2020

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