L’università, come per molti altri coetanei e non solo, è una parte consistente e sotto certi aspetti anche motivo di orgoglio per me.
Proprio per questo motivo c’è un forte bisogno di comprendere che il coronavirus la mette più in difficoltà forse rispetto ad alcuni temi urgenti che dovevano già essere affrontati, anche se comunque credo che sia più sul tema della scuola e dell’istruzione che le difficoltà siano più palesi e abbastanza grossolane.
Quanto emerso dal punto di vista dell’istruzione e dell’università serve abbastanza a garantire la validità dell’anno scolastico e dell’anno accademico in corso, ma anche in questo versante ci questioni che richiedono attenzione.
Sul pagamento delle tasse ci sono famiglie piuttosto in difficoltà – alcune magari già prima faticavano -, che oggi sono aumentate, sono decisamente di più rispetto a prima perché piegate dall’emergenza sanitaria che ha visto le restrizioni economiche e dovrà ancora vederne. Da questo punto di vista serve una autonomia decisionale dei vari Atenei per rinviare la scadenza del pagamento delle ultime rate di iscrizione e soprattutto serve che il principio di “L’emergenza non la pagano gli studenti” imperi.
Nello specifico della questione soprattutto delle facoltà mediche, c’è un tema forse un po’ antico, ma di nuovo molto attuale con lo sblocco di queste modalità di accesso alla facoltà di Medicina e poi il grosso delle borse di specializzazione. Dovevano essere 5.000 borse in più prima del Covid arrivando a una cifra totale di circa 9.000 borse, contando anche eventuali recuperi di fondi in corso d’anno, e in Italia gli aspiranti specializzandi sono stimati in 18-19.000.
Sulla didattica a distanza universitaria c’è da dire che la modalità è stata decisamente più funzionale e meglio gestita rispetto a quanto non si è fatto per gli ordini inferiori. Gli studenti alla fine hanno soddisfatto quanto era necessario. Direi pure che nell’Università c’è già di più una naturale abitudine ad utilizzare i mezzi multimediali anche banalmente per comunicare con i docenti o gli assistenti o i tutori vari. Forse questo ha aiutato.
In ogni caso per la Scuola, l’obiettivo è, superata la fase di emergenza, quello di non trasformare questa modalità in una strategia operativa ordinaria. Le tecnologie sono un’opportunità che vanno colte e utilizzate a regime, piuttosto per integrare/migliorare l’insostituibile approccio “in presenza”.
Mentre per lezioni ed esami di laurea la soluzione a distanza, sia pure d’emergenza, é risultata utile e accettabile, la gestione degli esami di profitto é decisamente più critica sia per i molti docenti che per gli studenti, i quali (va ricordato) sono gli utenti, i fruitori di quel servizio. Un problema si riscontra in particolare con le prove scritte a maggior ragione se di sbarramento per l’orale successivo, spesso adottate quando si ha un gran numero di studenti. Altro scoglio é la modalità orale che sia per i motivi tecnici, sempre presenti quando non richiesti, sia per le dimensioni etico-pedagogiche, che non si devono lasciare alla gestione dei singoli docenti.
Le linee guida elaborate per gli esami di profitto a distanza sono ancora lontane per la garanzia di un dignitoso svolgimento e una coerente valutazione delle singole prove. Se nella scuola il rapporto docente-allievo è basato su una diretta conoscenza ed è supportato, in ambito valutativo, dall’espressione collegiale del consiglio di classe, ciò non avviene in ambito accademico. Per il prossimo appello estivo (sperando che a settembre la situazione possa cambiare) sarebbe importante concentrare gli sforzi per garantire uno standard di qualità accettabile per gli esami a distanza.
Purtroppo si è rivelato come non siano previsti, per ora, nuovi stanziamenti straordinari per il settore dell’università e per quello, non meno importante, della ricerca. Sul come e quanto il ministero dell’Università e della Ricerca sia sensibile alla tematica ed elabori un piano nazionale per aumentare lo spazio e le dotazioni per le aule e per i laboratori, così da affrontare la fase di emergenza, che per tanti è ancora in corso, e quella di convivenza con il virus.
É in questo campo decisivo che il ministero insieme alle Regioni, si appresti a un percorso specifico e straordinario per gli studenti così da garantire il diritto allo studio (borse, alloggi). Occorre essere seriamente concreti nei riguardi degli studenti fuori sede, dei quali non pochi stanno continuando a pagare l’affitto, senza usufruire effettivamente dell’abitazione, e necessitano di un orizzonte il più possibile sicuro per programmare il proprio immediato futuro.
Bisogna concretamente pensare a una proroga delle borse di studio degli studenti di dottorato, impossibilitati a svolgere i loro tirocini all’estero (ormai obbligatori per quasi tutti i dottorati) o in azienda (per i dottorati industriali). Soprattutto é fondamentale ricordare che queste misure, con forma e modulazione diverse, sono chieste dal CNSU, dal presidente CUN, da associazioni come ADI, etc.;
Ciò vale pure per i contratti di assegnisti e di ricercatori a tempo determinato evidentemente impossibilitati a portare a termine i loro programmi di ricerca per difficoltà oggettive, quali la chiusura di laboratori, archivi e biblioteche.
Questo è quanto dobbiamo avere più a cuore, quello che va affrontato e risolto nell’interesse unico e inequivocabile dei giovani studiosi oltre che per continuare a garantire in modo efficace la qualità della ricerca e della didattica negli atenei.