Compatibilmente con la realtà che stiamo vivendo, la politica nazionale e locale da tutte le sue parti, che sia maggioranza o minoranza istituzionale, è giustamente molto impegnata e interessata nel contenere e nell’arginare il CoronaVirus, però credo che lo spazio più politico di queste mie riflessioni debba essere comunque dedicato all’affrontare temi di carattere alternativo alla vicenda epidemica, che merita attenzione, ma non giudizi di improvvisate competenze che peggiorerebbero la situazione. Ribadito questo, gli ultimi tempi che vedono protagonista unico il CoronaVirus e le sue disperate conseguenze stanno mettendo alla prova una larghissima parte dei settori produttivi e strategici. In qualche maniera alcuni di quelli sono riusciti a reggere in piedi o anche se un po’ barcollanti stanno comunque reggendo il grave urto. Sicuramente questi mesi procureranno un problema importante nei rapporti umani e interpersonali per le evidenti e ben giustificate misure che il governo ha deciso di adottare così pure questi mesi, non si fossero avuti gli strumenti alla portata, sarebbero stati un burrone per tantissimi studenti dalle scuole elementari ai neolaureandi. In ciascuna delle situazioni si può trovare un denominatore comune che è la soluzione che tante e tanti di noi hanno trovato per risolvere la problematica ed è nei potenti mezzi tecnologici migliorabilissimi, che stanno agevolando le videoconferenze per lo svolgimento delle lezioni e nello smartworking e le videochiamate di consolazione o piazze virtuali in cui incontrarsi da amici.
Sono convinto che questo sia un tempo fondamentale di una prova, tempo per sperimentare un modello alternativo ed innovativo di piattaforma in cui ripensare i contatti sociali ed umani, le tattiche strategiche e le nuove forme di partecipazione, espressione ed attività impegnata.
Per queste ragioni diventa fondamentale approvare un atto concreto che dia il via al sempre molto invocato processo di innovazione e che si sviluppi in un progetto articolato che tocchi le questioni principali del rapporto tra l’uomo e la scienza, il progresso e la tecnologia. Sono orgoglioso che il mio partito, Articolo Uno, ne abbia cominciato a parlare e in un contesto complicato il gruppo di lavoro si sia impegnato a redigere un manifesto disponibile a tutti. Provo per i più a toccarne i punti salienti: uno fondamentale riguarda l’educazione digitale, che diventa urgente in condizioni complicate sia dal punto di vista della didattica online, che ora è vitale, sia dal punto di vista della sicurezza in rete e sui social; il secondo potrebbe richiamare gli anni d’oro del Movimento 5 Stelle quando Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio invocavano a gran voce la banda larga e le prime proposte nette sul Wi-Fi, ma che si ispira piuttosto alla concretezza di Sanders e Corbyn, e pone due cose semplici, il cablaggio totale della rete italiana e l’accesso gratuito alle fasce con reddito basso; il terzo riguarda una questione che tutti richiamano perché si sentono sempre turbati, ma che nessuno intende risolvere nello specifico giustificandosi dicendo di non avere soluzioni e dunque si sintetizza nel server di stato, in cui i dati sensibili dei cittadini siano su piattaforma a sovranità pubblica e su suolo sotto giurisdizione europea.
Credo che, a seguito di una vicenda così travolgente, sia necessario porre la rivoluzione digitale all’interno del dibattito politico come questione da cui far partire un’azione politica programmatica completamente rinnovata e innovativa.